Avvento: tempo di attesa e di speranza, ma oggi, nella nostra società, nella nostra Chiesa, nelle nostre comunità parrocchiali, si attende ancora qualcosa o qualcuno? Si spera ancora o ci si difende da un futuro che appare minaccioso e inquietante?
Due parole “aramaiche” (la lingua di Gesù), possono scandire questo tempo di Avvento: “EFFATA’/Apriti” e “QỦM/Fermati”.
“EFFATA’/Apriti”, in riferimento alla Porta Santa che stiamo per aprire, e “QỦM/Fermati”, contro il rischio di correre di continuo. Mi pare di trovare in “QỦM” la parola chiave di questo Avvento.
Il nostro seminarista Raffaele Previtali, martedì 19 novembre ha ricevuto il ministero dell’Accolitato dalle mani del nostro Vescovo Francesco. Lasciamo a lui queste parole di presentazione e di saluto che rivolge alle nostre comunità, accompagnandolo con il ricordo e la preghiera insieme agli altri nostri due seminaristi: Fra Davide Invernizzi, nella Congregazione dei Pavoniani a Brescia e Andrea Alborghetti presso il seminario vescovile di Sanremo, nella diocesi di Ventimiglia-Sanremo.
“O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio”.
("Il mio primo trafugamento di madre" di Alda Merini)
Si schiaccia spesso il piede sull'acceleratore della propria macchina.
Siamo sempre di fretta. Gli impegni sono tanti e si moltiplicano a dismisura, il tempo ci assorbe esageratamente, per cui se qualcuno ha bisogno di due parole per chiedere qualcosa o per un saluto (purché sia veloce), non si può: non c'è tempo... Per assurdo, siamo ormai persone "che non hanno tempo" perché "troppe cose da fare" e non ci si può fermare!
E se non puoi fare della tua vita quel che vuoi,
in questo almeno sforzati
per quanto puoi: non umiliarla
nella troppa familiarità con il mondo,
nel viavai della gente, nelle chiacchere.
Non mortificarla portandola qua e là,
andando per le strade, e non esporla
alle sciocchezze di ogni giorno
delle relazioni, dei vincoli,
fino a renderla estranea, molesta.
(Costantinos Kavafis)