letterina 20180701

Temi semplici?

I ragazzi intervistati sulle gradinate delle scuole dopo la prima sessione degli esami di maturità hanno risposto alle domande dei giornalisti con serenità. La gran parte di loro ha giudicato “semplici” le tracce proposte per la prima prova, il tema di italiano. In effetti la rosa delle proposte quest’anno è stata “fattibile”, facendo riferimento a un patrimonio di conoscenze concrete degli studenti. Argomenti certamente trattati nel corso degli studi a diversi livelli e sotto varie angolature. Temi attuali, fra l’altro, che richiamano urgenze contemporanee come il principio dell’uguaglianza, l’antisemitismo e tutte le altre forme di discriminazione, l’europeismo, il concetto di propaganda e i temi della bioetica.
Non ultima urgenza (di natura più filosofica), la riflessione sulla solitudine come tema esistenzialistico e spazio dedicato alla ricerca della propria essenza e anche della propria dimensione creativa, oggetto anch’essa di una delle proposte di esame. Insomma, molta carne al fuoco... In un certo senso, in occasione degli esami di maturità, due (o più) generazioni diverse si incontrano e dialogano e, anche se a fare da sfondo disturbante c’è la componente ansia, ciò che ne emerge è un confronto socio antropologico assai interessante. Sempre che ci siano le parole sufficienti per poterlo esprimere... Eh sì, perché le parole ancora una volta sono il nodo di questo e di qualsiasi altro confronto.
Umberto Galimberti, nel suo ultimo saggio “La parola ai giovani”, denuncia il fatto che le nuove generazioni abbiano perso proprio la dimestichezza nell’uso delle parole. Il vocabolario personale di un giovane si è ridotto a poche centinaia di parole. “Riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola. Le parole non sono strumenti per poter esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare”. In molti pensano che saper scrivere ormai sia inutile in un mondo in cui a contare non sono più le parole, ma i fatti, e ancor più dei fatti, le immagini”. La difficoltà, quindi, sta proprio nell’espressione della propria identità e del proprio modo di pensare che può fondarsi solo attraverso la costruzione di riflessioni, e cioè attraverso la famosa attitudine speculativa tanto cara ai filosofi del tempo antico. Senza la ricerca e l’analisi del pensiero qualsiasi argomento diventa una vetta irraggiungibile, anche ciò che all’apparenza ci pare “semplice”. Riprendendo appunto l’aggettivo usato dai giovani studenti intervistati per definire la prova proposta.
L’eguaglianza, la conoscenza di sé, la storia... non sono affatto temi semplici.

 

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letterina 20180624

Grande Giovanni

Ci sono persone che rendono onore alla razza umana, uomini e donne che nelle loro scelte e nel loro operato ci fanno sentire orgogliosi di appartenervi. Giovanni è sicuramente fra questi: chiamato fin da bambino ad assumere un ruolo scomodo, quello del profeta, ha vissuto questo compito con grande serietà, diventando il punto di riferimento per un intero popolo alla ricerca di Dio. Immenso Giovanni seccato dal vento del deserto. Immenso profeta acido e violento, dai lunghi solchi che scavano le guance, roso dalla propria missione, svuotato dai lunghi digiuni e dalla penitenza!
Quando sei andato via di casa per seguire quella voce interiore? Quando hai sentito la derisione dei tuoi compagni che ti prendevano per pazzo? Quanto silenzio assordante hai dovuto sopportare prima di scoprire che tu eri voce? Quante volte hai scrutato i volti tra la folla che giungeva a fiumi e si gettava in ginocchio davanti a te per vedere se - infine - egli fosse giunto? Quanto ti è costato dire che tu non eri nulla e che scomparivi davanti a lui, e che lui avrebbe acceso il fuoco che tu stavi preparando? Quanta verità in te, immenso Giovanni, che non hai cavalcato l'entusiasmo, che non hai giocato a fare il Messia o il guru ma sei stato al tuo posto rifiutando ogni corona e ogni gloria? Cosa hai provato vedendolo in mezzo ai penitenti - l'immacolato, il senza colpa, il puro - venire a chiederti il battesimo? E quanta solitudine e sconcerto hai provato - ultima prova, definitiva prova - quando nel buio di una cella ti sei chiesto se fosse davvero lui il Messia o se ti eri preso un abbaglio? Grande Giovanni, grande profeta che hai suscitato l'ammirazione di Dio!

 

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letterina 20180617

La carezza continua...

La carezza che Giovanni XXIII ha portato nella diocesi di Bergamo durante i giorni della peregrinatio ora diventa vita. Come segno concreto di questo passaggio del Santo Papa Giovanni XXIII, il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi ha infatti comunicato l’apertura da parte della diocesi di “Casa Amoris Laetitia”, un servizio extra-ospedaliero per minori con patologie pediatriche complesse, croniche e di fine vita. Un sostegno per loro e per le loro famiglie.
Il vescovo ha dato l’annuncio Domenica scorsa a Sotto il Monte, durante la Messa conclusiva della peregrinatio delle spoglie di Papa Giovanni XXIII. Un evento che in 18 giorni ha portato a Bergamo e Sotto il Monte oltre 250 mila pellegrini. La casa “Amoris Laetitia” opererà, come ha sottolineato il vescovo, “in un ambito per ora scoperto, in cui sono state attivate finora pochissime risposte”. La carezza del Papa Santo diventa così impegno affettivo e effettivo.
“Sarà un servizio extra ospedaliero per i minori più deboli e malati, con patologie complesse”, spiega monsignor Beschi. “Casa Amoris Laetitia” sarà aperta a Bergamo per dimostrare ancora una volta la vicinanza della diocesi alle famiglie in situazione di difficoltà e dolore. “Si rivolge ai bambini e alle loro famiglie, ai piccoli in situazioni fragilità, con un’area individuata sul nostro territorio per dare supporto e servizi extra-ospedalieri” ha concluso il vescovo. La nuova casa è gestita dalla Fondazione Angelo Custode della diocesi di Bergamo a cui fanno riferimento diversi servizi nell’ambito della disabilità. La struttura aprirà in via Conventino, dove già sono dislocati i servizi della Fondazione Angelo Custode. Potrà ospitare fino a 10 minori in forma residenziale, ma assicurerà anche servizi di sostegno e sollievo, di permanenza diurna e di accoglienza di genitori e figli. L’ambiente è stato allestito in modo da assicurare un clima intimo, caldo, familiare. I lavori sono stati eseguiti con risorse della diocesi ed è in corso anche la procedura di accreditamento in Regione Lombardia. Un ambiente come questo tende a limitare al minimo i periodi che i piccoli pazienti affetti da terapie complesse devono trascorrere in ospedale, valorizzando invece il ruolo della famiglia e offrendole la possibilità di trovare vicinanza, rispetto, e affiancarla nella ricerca di senso in momenti difficili.
Così la “carezza” non suscita solo buoni sentimenti, ma azioni concrete di Vangelo. Ed è l’eredità che dobbiamo coltivare nella terra di papa Giovanni.

 

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letterina 20180610

Buonanotte da... papa Giovanni

In questi giorni di grande coinvolgimento per il ritorno di Papa Giovanni a Bergamo sono tantissime le storie che si incrociano a Sotto il Monte. Un volontario ha raccontato a L’Eco di Bergamo questa meravigliosa storia.

È sabato sera. L’urna di Papa Giovanni XXIII è in Cattedrale, in Città Alta. L’afflusso dei fedeli è continuo. Nonni, giovani, famiglie, bambini. Passa un papà, con un bimbo ricciolo e biondo. Avrà sui cinque anni o giù di lì. Nessuno pensa di chiedere qualche informazione in più, un nome, un paese di provenienza. È una scena come tante che si ripetono davanti alle spoglie del Santo che a cinquantacinque anni dalla sua morte attira ancora migliaia di persone in preghiera. Babbo e figlio passano e vanno, come tutti. Di lì a poco, tornano indietro. «Posso dargli la buonanotte?», ha chiesto il piccolo al volontario. Come dirgli di no. Un volontario comprensivo consente di passare senza rifare la coda. «Vai pure a dare la buonanotte a Papa Giovanni», dice al piccoletto. Che nella sua dolcezza butta lì un ricordo: «Perché è quel signore lì che veniva in ospedale a farmi compagnia e a darmi la buonanotte». Un brivido di emozione attraversa chi ascolta. C’è solo il tempo di intuire che dietro quei pochi anni di vita e quel sorriso c’è stato già troppo tempo passato in ospedale, che finalmente ora è solo un ricordo. Il papà spiega in poche parole: «Quando siamo passati ha fissato il Santo, si è illuminato e mi ha detto: papà, è lui il signore che veniva in ospedale a darmi la buonanotte. Lo ha detto, ma noi non capivamo».
Anche perché volontari di notte in ospedale non ce ne sono. C’è solo il personale medico e infermieristico di turno. «Quel signore» negli occhi di un bimbo che rincorreva il futuro lottando nella sofferenza era Papa Giovanni. Ai volontari e ai sacerdoti che hanno raccolto queste poche parole, non dispiacerebbe poter riabbracciare quel bambino e stringere la mano al papà. Chissà. Attorno all’urna del Santo Papa delle carezze ai bambini, anche questo può accadere.

 

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letterina 20180603

180 candele, 53 minuti

Anche quest’ anno le abbiamo accese: 180 candele che brillano sull’apparato di legno dorato del triduo. E molte volte, parlando dell’Eucarestia che celebriamo, che adoriamo, che portiamo nella processione del Corpus Domini -come abbiamo fatto giovedì- diciamo che essa è tesoro, vita, scaturigine, fonte, sorgente...
Ma noi abbiamo sete di questa sorgente? E ci diamo tempo per andare ad essa?

In uno dei tanti incontri che il Piccolo Principe fa nel racconto di Antoine de Saint-Exupéry troviamo questo dialogo:
"Buon giorno", disse il piccolo principe.
"Buon giorno", disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. 
Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
"Perché vendi questa roba?" disse il piccolo principe.
"E' una grossa economia di tempo", disse il mercante.
"Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti la settimana".
"E che cosa se ne fa di questi cinquantatre minuti?"
"Se ne fa quel che si vuole..."
"Io", disse il piccolo principe, "se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."

E’ così facile idolatrare la fretta e la vertigine nel nostro tempo ipertecnologico con il suo culto dell’istantaneità e dell’efficienza, mentre è il passo dopo passo dei piccoli gesti che ci fa prendere coscienza dei nostri bisogni.

“C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo”. (Milan Kundera in 'La lentezza')

In questi giorni alcune persone hanno rallentato il passo, dandosi del tempo per camminare verso la sorgente. Le 180 candele possono brillare ma è il cuore che deve vibrare. Grazie perché questo aiuta anche me, prete, a non pensare di risparmiare cinquantatre minuti, ma a camminare adagio adagio verso una fontana...

 

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letterina 20180527

Benedizione per tutti

Con profonda gioia e commozione ho accompagnato nella nostra Diocesi, nella nostra città e presso l'intera comunità bergamasca l'urna con le spoglie mortali, ora reliquie insigni, di San Giovanni XXIII, che, a 55 anni dalla sua morte, ritornano per alcuni giorni nella sua terra natale. Mi faccio voce di tutti e di ciascuno, manifestando la riconoscenza più grande e profonda al Santo Padre, Papa Francesco, per l'accoglienza affettuosa del nostro desiderio e per la convinta generosità con cui ha concesso che si potesse realizzare.
Dall'inizio del suo Pontificato, egli ha manifestato un particolare legame con la figura di Papa Giovanni e ha manifestato molteplici attenzioni nei confronti della comunità bergamasca. Ora ci ha concesso questo dono speciale. Coralmente le diciamo: Grazie, Santità.
Grazie anche a voi tutti cittadini e autorità che saluto con le parole stesse che Papa Giovanni pronunciò nella prima udienza concessa ai bergamaschi: «Il nostro grato saluto si volge con particolare accento di rispetto e di affezione ai nobili e così copiosi rappresentanti dell'ordine civico e sociale variamente disposti nei vari gradi delle loro competenze ed attribuzioni, che furono sempre così cortesi ed amabili verso la nostra persona».
Questi mesi, settimane e giorni, hanno alimentato un'attesa densa di molteplici sentimenti. Ora che il «segno» della presenza del Santo Papa è in mezzo a noi, avvertiamo il misterioso avvenire dei ricordi, lo sguardo, il sorriso, la voce: una testimonianza meravigliosamente capace di irradiare luce e pace su tutti coloro che l'hanno conosciuto e amato e sulle generazioni raggiunte dalla dolce forza del sigillo che egli ha impresso nella storia dell'umanità. È un onore, un dono e insieme una circostanza provvidenziale l'inizio di questa peregrinatio nel cuore non solo urbano della nostra città, ma in quello rappresentativo dell'intera comunità bergamasca, che voi rappresentate.
È espressione del legame profondissimo del Santo Papa con la sua terra, con la sua diocesi, con Sotto il Monte, i comuni, le parrocchie, le comunità religiose, il seminario e finalmente la città di Bergamo.
Dagli scritti di Papa Giovanni XXIII: «Il ricordo del punto di partenza della nostra vita, da Bergamo Nostra, ci ha accompagnato sempre nella quarantennale peregrinazione in Oriente e in Occidente, fino a Venezia, fin quassù, sul colle Vaticano, senza farei perdere del tutto il segno della Nostra caratteristica fisionomia nativa».
Carissimi tutti, la presenza delle Sante reliquie di Papa Giovanni, diventi Benedizione per voi tutti e per l'intero popolo bergamasco.

+ Francesco

 

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