letterina 20180408

Grazie per questa Pasqua!

Una famiglia ha invitato per il pranzo e il pomeriggio di Pasqua due dei giovani richiedenti asilo che erano venuti in alcune famiglie tempo fa per il pranzo condiviso.
Grazie per questa Pasqua! 

Un nipote ha lasciato pc e cellulare per un po’ e ha passato il pomeriggio con i nonni che non vedeva da tempo.
Grazie per questa Pasqua! 

Una persona non più giovanissima si è confessata dopo decenni e, piangendo, si è sentita sollevata.
Grazie per questa Pasqua! 

Qualcuno è andato a messa dopo tanto tempo e a casa, sciacquandosi gli occhi con l’acqua benedetta, ha pensato che non farà passare così tanto tempo.
Grazie per questa pasqua! 

Alcune persone venute da fuori si sono meravigliate della partecipazione alla celebrazione e del sentirsi accolte in una chiesa preparata con gusto.
Grazie per questa Pasqua! 

Ma per qualcuno questa è la prima Pasqua senza...Pasqua, senza confessione, comunione, incontro con la comunità...Ma gli auguri li ha fatti e ricevuti ugualmente. E anche il pranzo e l’uovo con sorpresa e le vacanze... Se bastano questa cose, grazie anche per questa Pasqua che diventa ancor più responsabilità nell’annuncio e nella testimonianza per chi dice di viverla con il Signore. Sì, perché se manca Lui che Pasqua è? (lo stesso vale anche per il Natale) E se ai bambini insegniamo che Pasqua è la festa del coniglietto, del porcellino (fino ad esaurimento animali dello zoo) o dei fiori (fino ad esaurimento specie nei prati e nei giardini), come Natale è la festa d’inverno o della neve... non li stiamo forse prendendo in giro? “Per salvaguardare la libertà” si dice e si finisce per barare. “E’ per non obbligarli!” si dice ancora. Ma scusate: chi ha deciso di farli nascere, non li ha forse “obbligati”? Dov’è lì la libertà? Qualcuno forse non l’ha ancora capito: il Risorto ci insegna a vivere.

 

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letterina 20180401

Cosa sperare?

 “O morte, dov’è la tua vittoria?” O morte, tu non sei più l’ultima parola sulla vita, ma sei diventata un passaggio, l’ora dell’esodo da questa terra alla vita per sempre, dove Dio è l’unico Signore, dove la sua comunione d’amore è l’unico regno... 

Gesù ha lottato contro la morte durante tutta la sua vita, fino a riportare la vittoria. L’agonia iniziata da Gesù nell’orto degli ulivi è il culmine di questa lotta conclusasi con la discesa di Gesù all’inferno, quando ha sconfitto la morte in modo definitivo. Gesù non ha vinto la sua morte, bensì la Morte: “Con la morte ha vinto la Morte”, canta oggi la liturgia! Tutti gli esseri umani, anche se non conoscono né Dio né il suo disegno, portano nel cuore il senso dell’eternità, e tutti si domandano: “cosa sperare?”. Essi percepiscono che, restando insensibili alla resurrezione, si vietano di conoscere “il senso del senso” della loro vita. Attendono, cercano a fatica, e a volte per cammini sbagliati, la buona notizia della vita più forte della morte, dell’amore più forte dell’odio e della violenza. Cristo, risorto e vivente per sempre, è la risposta vera che attende dai cristiani quella narrazione autentica che solo chi ha fatto l’esperienza del Vivente può dare. Dove sono questi cristiani? Sì, oggi ci sono ancora cristiani capaci di questo: ci sono anche ai nostri giorni martiri cristiani, ci sono profeti e visionari cristiani, ci sono testimoni che non arrossiscono mai del Vangelo. Allora una voce giunge dalla tomba vuota, oggi come quel mattino di resurrezione: “Non temete, non abbiate paura! Il Crocifisso è risorto e vi precede!”. Sì, è ormai vicina per la Chiesa una primavera, una stagione in cui lo Spirito del Risorto si fa presente più che mai, una stagione in cui la Parola di Dio sarà meno rara... Dal giorno in cui Cristo si è levato dai morti non vi è più alcuna situazione umana “a cielo chiuso”: la resurrezione del Signore spinge il cristiano a testimoniare la propria speranza nella salvezza universale, a pregare per la venuta del Regno, ad attendere il giorno radioso in cui tutte le lacrime saranno asciugate. La Pasqua, le energie del Risorto, l’attesa della resurrezione hanno come destinatari l’intera umanità, la creazione tutta! La Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna: che questa Pasqua sia davvero giorno di speranza per tutti!  Auguri.

I sacerdoti della Comunità

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letterina 20180325

A nudo...

Ogni volta che, la Domenica della Palme e poi il Venerdì Santo, ascolto la Passione, un nodo mi si stringe in gola. Non che non sappia che la mattina di Pasqua ci sarà un lieto fine, non che non sappia dove conduce la via della Croce ... ma non mi riesce di rimanere indifferente o di assopirmi nel disincanto, pur dopo tanto tempo e tante volte, quando penso che tutto questo è successo anche per me, perché anch'io potessi vivere di nuovo. Ogni volta che, la Domenica della Palme e poi il Venerdì Santo, ascolto la Passione, un nodo mi si stringe in gola. Non che non sappia che la mattina di Pasqua ci sarà un lieto fine, non che non sappia dove conduce la via della Croce ... ma non mi riesce di rimanere indifferente o di assopirmi nel disincanto, pur dopo tanto tempo e tante volte, quando penso che tutto questo è successo anche per me, perché anch'io potessi vivere di nuovo. Come accadde allora al misterioso ragazzo, che - non si sa come - si trovava lì vestito soltanto d'un lenzuolo (Mc 14,51: in lui gli interpreti hanno creduto di ravvisare la presenza dell'evangelista stesso, per il tratto del tutto personale di una simile osservazione), anch'io vengo messo a nudo, ricondotto a me stesso, spogliato della corazza, ben più di un lenzuolo, che avvolge il mio cuore intorpidito. Allora posso rivivere appieno quei tre giorni che hanno cambiato per sempre la storia del mondo e anche la mia. Ogni personaggio con cui mi identifico, ogni sguardo che cerco di far mio, ogni voce con cui mi metto a dialogare, bussano con insistenza alla porta della mia coscienza, rilanciando senza sosta l'eco di una sola domanda: «E tu?». E tu cosa avresti fatto, da che parte saresti stato? Non sei forse, anche tu, tra quelli che si dicono, ancor oggi, suoi amici? Il ragazzo in questione, perso il suo lenzuolo, fugge, come quasi tutti gli altri: e tu, una volta messo a nudo davanti a te stesso e davanti a Dio, hai il coraggio di continuare a seguire quello che chiami tuo Maestro, anche solo da lontano, in compagnia di Pietro (almeno finché regge lui), dentro il cortile del Sommo Sacerdote? Allora mi chiedo se anche a me basta l'obiezione di qualche sconosciuto o l'insinuazione di un amico per mettere in crisi la mia fede. E mi domando cosa avrei risposto davanti alle alternative poste da Pilato e che posizione prendo oggi davanti a quelle che la vita mi sottopone senza tregua. Giunto nel Pretorio, cosa avrei fatto davanti all'ignobile spettacolo della flagellazione? E cosa faccio, oggi, quando la violenza miete silenziosa le sue vittime, forse anche dietro la porta accanto?  Infine, avrei avuto il fegato, o almeno il cuore, di incamminarmi con le donne, le uniche rimaste, lungo la via del Calvario? E cosa avrei fatto, una volta arrivato in cima, mentre i soldati inchiodavano alla croce il mio Maestro, il mio amico e me lo ammazzavano sotto gli occhi? Cosa avrebbe scatenato, cosa scatena ora, nel profondo del mio animo, ascoltare le sue ultime parole, la sua invocazione al Padre, la sua preghiera e il suo grido? 

don Giovanni Gusmini

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letterina 20180318

Rivoluzioni

Facciamo gli auguri a tutti i papà con il testo di una canzone di Francesco De Gregori “Leva calcistica” (1982). Quel “mise il cuore dentro le scarpe” è invito a smuoverci dalle nostre paure, per mettere il cuore dentro tutto ciò che facciamo.

“Nino cammina che sembra un uomo
con le scarpette di gomma dura
dodici anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore!
Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore:
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai
di giocatori tristi che non hanno vinto mai
ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro.
E adesso ridono dentro al bar
e sono innamorati da dieci anni
con una donna che non hanno amato mai.
Chissà quanti ne hai veduti, chissà quanti ne vedrai.
Nino capì fin dal primo momento.
L'allenatore sembrava contento.
E allora mise il cuore dentro le scarpe
e corse più veloce del vento,
prese un pallone che sembrava stregato,
accanto al piede rimaneva incollato.
Entrò nell'area tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare.
Ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore.
Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette.
Quest'altr'anno giocherà con la maglia numero 7”.

Come non pensare anche al giovane papà Davide Astori?

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letterina 20180311

Rivoluzioni

Il 13 marzo 2013 Jorge Mario Bergoglio veniva eletto Vescovo di Roma.
Da allora abbiamo imparato a conoscerlo, anche nel suo modo originale di essere Papa, nel suo annuncio convinto e fresco del Vangelo, nella scelta preferenziale per i poveri e le periferie esistenziali, nei fuori-programma, nella richiesta : “e non dimenticatevi di pregare per me...”.
Anche noi preghiamo per lui e diciamo grazie al Signore per questi primi cinque anni. Viviamo l’anniversario prendendo a prestito uno scritto della rivista Credere, nata proprio nello stesso periodo dell’elezione.

I ragazzi degli anni Sessanta erano ribelli per vocazione. Sentivano che un universo migliore era già lì ad aspettarli nel futuro, serviva solo l'occasione per andarlo a catturare... Nel frattempo, il medico argentino Ernesto Guevara puntava sulla lotta armata per rovesciare i regimi latino-americani. A Londra, stilisti e creativi confezionavano abitini in plastica e caftani, per gli eccentrici guardaroba del domani. Al di là dell'Atlantico, Bob Dylan sciorinava cantilene folk contro le ingiustizie del potere, avvisando che «i tempi stanno per cambiare». Mentre il mondo giovanile urlava in coro una voglia condivisa di rivoluzione, nel chiuso di una casa religiosa argentina lo studente gesuita Jorge Mario si atteneva al rigido silenzio degli esercizi spirituali ignaziani. Anche volendo, non avrebbe potuto gridare: gli mancava mezzo polmone asportato in seguito a una malattia, qualche tempo prima.
Nel 1968 i Beatles scoprivano di avere un fulcro spirituale e viaggiavano verso l'India per approfondirlo. Con loro sempre più ragazzi, delusi dai cambiamenti che tardavano ad arrivare, barattavano l'impegno sociale con un meno impegnativo rinnovamento interiore: autoanalisi di gruppo, sostanze allucinogene per allargare la percezione, ambientalismo eletto a religione. Nel 1969, l'atto finale: ad agosto, sul prato di Woodstock, i migliori musicisti rock in circolazione intonavano il requiem a una stagione resa ormai inoffensiva dalle droghe, dalla promiscuità, dalla delusione. Per la generazione dei ribelli quel festival fu il necrologio di ogni passione. Ma mentre moriva la chitarra incendiaria di Jimi Hendrix, a dicembre dello stesso anno il giovane Jorge Mario Bergoglio festeggiava la sua ordinazione sacerdotale.
E dava inizio a una nuova storia. Visto da ora, il religioso argentino con mezzo polmone è l'unico a cui davvero sia riuscita la rivoluzione.

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letterina 20180304

"Generation Snowflake"

In settimana il freddo e la neve hanno tenuto ancora banco nelle cronache e nei tg.
E allora anche noi continuiamo con la generation snowflake, generazione fiocco di neve. Ricordate?

Nel dicembre scorso, in viaggio di ritorno da Monaco e Dachau con adolescenti e giovani, alcuni animatori hanno lanciato una rubrica. Ogni mezzora, al microfono del pullman, la sigla “pillole di vita” cantata da tutti, introduceva una frase, un aforisma, una massima per riflettere.
La prima, proprio guardando la neve che anche allora cadeva abbondante, poneva questa questione : è un’ingiustizia che alcuni fiocchi vadano sulla strada e subito si sciolgano e altri vadano sui prati e sui monti dove resistono per molto tempo, creando un panorama bellissimo. La questione, che immediatamente aveva fatto sorridere, ha poi aperto interessanti riflessioni, addirittura di carattere esistenziale, riguardanti i destini diversi delle persone, le possibilità e le risorse che ognuno si ritrova, l’importanza di tutti, anche di coloro che sembrano meno fortunati... Ad esempio perché io sono nato in un paese dove si sta bene e un mio coetaneo non sa se arriverà a sera trovando qualcosa da mangiare? Qualcuno di noi ha maggiore dignità? Ci sono vite che non hanno senso? Uno vale per ciò che ha? Ma i fiocchi sulla strada da cui siamo partiti?
Importanti anche loro perché affrettano il ciclo di acqua, vapore... vita. A chi poi non ha perso il vizio di andare in chiesa veniva anche in mente il testo di un canto - che non è altro che un brano del profeta Isaia (55,10-11) messo in musica - “Come la pioggia e la neve, scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza irrigare e far germogliare la terra; così ogni mia parola non ritornerà a me senza operare quanto desidero, senza aver compiuto ciò per cui l'avevo mandata.”
Si apre un orizzonte pieno di speranza e fiducia, anche per la generazione “fiocco di neve”. Certo, li vorremmo meno “molli”, meno fragili, meno omologati e più decisi, più capaci di appassionarsi e di rischiare per qualcosa, più presenti, non solo nei luoghi dello sballo... Ma noi adulti, sappiamo dare loro buone ragioni per stare al mondo?

P.S. Ora però di neve ne abbiamo avuta abbastanza...

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