letterina 20190310

Lo sport in Oratorio

Il prossimo 15 marzo la guerra in Siria entrerà nel nono anno (2011-2019).
Sul campo restano, secondo le stime, mezzo milione di morti – di questi più di 20mila sono bambini - e milioni di rifugiati e sfollati interni. E le cifre sono destinate a salire perchè si combatte ancora nel sud-est della Siria a Baghuz, ultima roccaforte dell’Isis alla frontiera con l’Iraq, dove centinaia di jihadisti sono asserragliati tra le case diroccate usando i civili come scudi umani. E anche al confine tra Siria e Turchia, a nord di Damasco, nell’enclave di Idlib, dove resistono altri irriducibili delle armate jihadiste del Califfo Al Baghdadi.
In questo clima di violenza e di morte, la provata comunità cristiana si appresta a vivere l’ennesima Quaresima.
Padre Hanna Jallouf è il parroco latino di Knayeh, villaggio siriano non distante proprio da Idlib. Francescano siriano della Custodia di Terra Santa, padre Hanna, 66 anni, è rimasto con il suo confratello Louai Bsharat a prendersi cura della sparuta comunità cristiana locale. Tutti i preti e i sacerdoti che c’erano sono fuggiti dopo che molte chiese e luoghi di culto sono stati distrutti o bruciati. Lo stesso parroco fu rapito, nell’ottobre 2014, con altri suoi parrocchiani da un gruppo islamista e poi rilasciato. “Come agnelli in mezzo ai lupi”, dice ricordando le parole del Vangelo.
La Quaresima è un tempo di grazia durante il quale prepararsi alla Pasqua. Un tempo privilegiato per guardarsi dentro e rifare i conti con noi stessi davanti al Signore. Così come un bravo contadino che fa i suoi conti alla fine dell’anno per vedere come è andato il raccolto. Questo tempo è basato su quattro colonne: digiuno, preghiera, carità e pentimento. Ma spesso siamo soliti ricordare solo la carità e dimenticare il digiuno, la preghiera e il pentimento.
Il nostro essere ha bisogno di uscire dal quotidiano di tanto in tanto, per rinnovarsi e per riscoprire il suo valore. Ma non si può fare questo passo se non seguiamo le quattro colonne della Quaresima. Cerchiamo di scoprire questa strada grazie alla parola del Signore che ci viene offerta ogni Domenica nell’Eucarestia.
Da noi, qui in Siria, tanti cristiani ancora osservano la vecchia forma del digiuno, cioè prendere un pasto al giorno. Senza carne, senza pesce, senza grassi, senza latte e formaggi. Solo erbe e cereali conditi con olio. Essi praticano tante forme di pietà religiosa per arrivare alla festa di Pasqua rinnovati umanamente e spiritualmente. Cerchiamo, dunque, di vivere questo tempo per riscoprire la nostra fede e la nostra dignità cristiana“.

Hanna Jallouf

 

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letterina 20190303

Non multa sed multum

Niente allarmismi: non si tratta di multe, ma di una massima latina tratta da una frase di Plinio il Giovane che alla lettera suona così: ”Non molte cose, ma molto”.
Negli anni di Seminario, soprattutto quelli di teologia, tornava questo adagio per gli impegni della Quaresima, invitando a non fare tante cose, ma a farle bene.
Potremmo farlo nostro per la Quaresima che iniziamo mercoledì, con il segno delle ceneri. Certo, se guardiamo le proposte riportate sul pieghevole e gli avvisi sulla Lette...Rina, troviamo “multa”, cioè molte cose. Ma si sa: in una Comunità le proposte sono ampie, perché ognuno possa scegliere.
Proprio nella logica del “multos”, invece, sarebbe bello che in ogni casa ci si desse un momento per guardarsi in faccia e progettare insieme gli impegni quaresimali. Dirsi le cose è anche un aiuto a rimanervi fedeli.
E’ chiaro che il cammino verso la Pasqua è ben più di “opere”, “fioretti” o “impegni”, ma tutto ciò ha il pregio di un “fare” che tiene aperti i cuori. Pensiamo anche solo al mercoledì delle ceneri con l’invito al digiuno e all’astinenza dalla carne e da cibi ricercati. Ti aiuta a capire che il tempo, anche quello liturgico, non è tutto uguale.
Il Papa, nel suo messaggio per questa quaresima, così scrive: ”Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità”.
Allora, adottando la massima “non multa sed multum” si potrebbe dire: io voglio pregare un po’ di più, oppure non avere pretese verso i miei di casa, o non farmi ripetere le cose cinque volte; io andrò a messa, sarò più ordinato, non mancherò alla via crucis dei venerdì, parteciperò agli incontri di formazione...
Ma, attenti: non per sentirci bravi e accampare pretese del tipo: “Faccio questo, però tu, Signore, mi dai questo, questo e quest’altro” ... oppure per buttare giù mezzo chilo di peso o per i più svariati motivi. Solo per amore.
E’ l’amore che salva.
E’ l’amore che ci salva.

 

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letterina 20190224

Manutenzione

Termina il percorso di preparazione al matrimonio cristiano che ogni anno le nostre parrocchie programmano nei mesi di gennaio e febbraio. Sono sempre numerose le coppie che partecipano: quest’anno 19. E, particolarmente in questa edizione, si è creato un bel clima, attraverso le proposte dei diversi relatori, il confronto a piccoli gruppi, la presentazione di ogni coppia a partire da una provocazione, la preghiera. Una delle espressioni affidate nel sesto incontro e rimasta incisa nei presenti è: manutenzione di coppia.
Quando si vive in una casa da un po’ di tempo a un certo punto si sente il bisogno di ridipingere le pareti, cambiare gli infissi, rifare i pavimenti: “Chissà perché – ci diceva don Giuseppe Belotti, prete, psicologo e formatore – la gente pensa che nella coppia non sia necessario alcun tipo di manutenzione, che una relazione vada avanti da sé, senza doverci lavorare. Poi, al primo ostacolo le unioni crollano perché mancano le attenzioni, le ristrutturazioni, la ritinteggiatura dei rapporti”.
Lungi dal pensare che, arrivati al matrimonio si sia ormai esperti in amore, la vita di coppia ha bisogno continuamente di essere alimentata. Un conto infatti è il tempo dell’innamoramento, un conto è la scelta e la dedizione; un conto è la vita in due, un conto quando arrivano i figli; un conto è vivere “dai miei”, un conto fare le potature che servono... A volte capita di dare per scontate alcune cose che, a lungo andare, incrinano le relazioni. Poi, ci si guarda indietro e ci si chiede:” Come abbiamo potuto arrivare a questo punto?” E’ mancata la manutenzione di coppia. Ma potremmo anche aggiungere: manutenzione dell’amicizia, delle scelte, dei valori, della fede, del rapporto con Dio.
Sì, perché tutto ciò che non si evolve si corrompe e lo stare fermi è già retrocedere. Allora, “manutenzione” è per tutto ciò che ci sta a cuore. La facciamo per la caldaia, per la macchina, per la casa e per il giardino. Perché non dovremmo metterla in cantiere per la coppia, per la famiglia, per la fede, per la comunità?

 

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letterina 20190217

La Dichiarazione di Abu Dhabi

Dopo le dichiarazioni di Marrakech e di Islamabad, arriva la Dichiarazione di Abu Dhabi, firmata anche da Papa Francesco e dal Grande Imam di al Azhar Ahmed al Tayyib. Una dichiarazione considerata come “un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà”, in un mondo in cui c’è una “coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi”.
La richiesta, forte, è che tutti “cessino di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco”, e che “smettano di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”.
Divisa in 12 punti, su temi che vanno dalla cittadinanza da riconoscere a tutti alla libertà religiosa, passando anche per la protezione dei bambini e degli anziani e la pari dignità della donna, la dichiarazione è un appello non solo agli “architetti della politica internazionale”, ma anche a tutti gli intellettuali, per creare un mondo più fraterno, perché se Dio è padre, allora “il credente è chiamato ad esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”.
Scopo del documento è quello di diventare “una guida per le nuove generazioni verso una cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli”. Ed è un documento che viene lanciato in nome di Dio “che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità”, dell’anima umana che Dio ha proibito di uccidere, dei poveri, dei miseri, dei bisognosi, delle categorie bibliche del povero dell’orfano e della vedova, ma anche delle vittime di guerre, persecuzioni, ingiustizie, dei deboli, dei prigionieri di guerra, dei torturati. E anche a nome dei popoli senza sicurezza, della fratellanza umana “lacerata dalle politiche di integralismo e dei sistemi”, della libertà della giustizia e della misericordia.
L’appello ai leader del mondo è “di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”, e agli intellettuali perché “riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque”.

 

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letterina 20190210

Gratuitamente...

Cari fratelli e sorelle,
«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Queste sono le parole pronunciate da Gesù quando inviò gli apostoli a diffondere il Vangelo, affinché il suo Regno si propagasse attraverso gesti di amore gratuito.
In occasione della XXVII Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà in modo solenne a Calcutta, in India, l’11 febbraio 2019, la Chiesa, Madre di tutti i suoi figli, soprattutto infermi, ricorda che i gesti di dono gratuito, come quelli del Buon Samaritano, sono la via più credibile di evangelizzazione. La cura dei malati ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è “caro”.
La vita è dono di Dio, e come ammonisce San Paolo: «Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto?» (1 Cor 4,7). Proprio perché è dono, l’esistenza non può essere considerata un mero possesso o una proprietà privata, soprattutto di fronte alle conquiste della medicina e della biotecnologia che potrebbero indurre l’uomo a cedere alla tentazione della manipolazione dell’“albero della vita” (cfr Gen 3,24). Di fronte alla cultura dello scarto e dell’indifferenza, mi preme affermare che il dono va posto come il paradigma in grado di sfidare l’individualismo e la frammentazione sociale contemporanea, per muovere nuovi legami e varie forme di cooperazione umana tra popoli e culture. Il dialogo, che si pone come presupposto del dono, apre spazi relazionali di crescita e sviluppo umano capaci di rompere i consolidati schemi di esercizio di potere della società. Il donare non si identifica con l’azione del regalare perché può dirsi tale solo se è dare sé stessi, non può ridursi a mero trasferimento di una proprietà o di qualche oggetto. Si differenzia dal regalare proprio perché contiene il dono di sé e suppone il desiderio di stabilire un legame. Il dono è, quindi, prima di tutto riconoscimento reciproco, che è il carattere indispensabile del legame sociale. Nel dono c’è il riflesso dell’amore di Dio, che culmina nell’incarnazione del Figlio Gesù e nella effusione dello Spirito Santo.
Ogni uomo è povero, bisognoso e indigente. Quando nasciamo, per vivere abbiamo bisogno delle cure dei nostri genitori, e così in ogni fase e tappa della vita ciascuno di noi non riuscirà mai a liberarsi totalmente dal bisogno e dall’aiuto altrui, non riuscirà mai a strappare da sé il limite dell’impotenza davanti a qualcuno o qualcosa. Anche questa è una condizione che caratterizza il nostro essere “creature”. Il leale riconoscimento di questa verità ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come virtù indispensabile all’esistenza. Questa consapevolezza ci spinge a una prassi responsabile e responsabilizzante, in vista di un bene che è inscindibilmente personale e comune.
Solo quando l’uomo si concepisce non come un mondo a sé stante, ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente sentiti come “fratelli”, è possibile una prassi sociale solidale improntata al bene comune ....
Santa Madre Teresa ci aiuta a capire che l’unico criterio di azione dev’essere l’amore gratuito verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, etnia o religione. Il suo esempio continua a guidarci nell’aprire orizzonti di gioia e di speranza per l’umanità bisognosa di comprensione e di tenerezza, soprattutto per quanti soffrono...
Vi affido tutti a Maria, Salus infirmorum. Lei ci aiuti a condividere i doni ricevuti nello spirito del dialogo e dell’accoglienza reciproca, a vivere come fratelli e sorelle attenti ai bisogni gli uni degli altri, a saper donare con cuore generoso, a imparare la gioia del servizio disinteressato.
A tutti con affetto assicuro la mia vicinanza nella preghiera e invio di cuore la Benedizione Apostolica.

papa Francesco

 

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letterina 20190203

Influencer

Il Metro Park, intitolato a «San Juan Pablo II», a Panama City è una spianata di terra ed erba secca a un miglio dal Pacifico, tra svincoli autostradali e fondamenta di prossime costruzioni. Lì, Papa Francesco ha incontrato 600.000 giovani per la Veglia della Giornata Mondiale della Gioventù, ascoltando, prima del suo intervento, le testimonianze di un ex tossicodipendente, di un palestinese cristiano e di una famiglia di Panama con un figlio affetto dalla sindrome di Down. A questa il Papa dice: «Abbracciare la vita si manifesta anche quando diamo il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, puro o distillato, ma non per questo è meno degno di amore. Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore?».
La mattina, celebrando una messa con sacerdoti e movimenti, aveva detto che «una delle peggiori eresie possibili nella nostra epoca» è «pensare che il Signore e le nostre comunità non hanno nulla da dire né da dare in questo nuovo mondo in gestazione». Ora scandisce: «Dire “sì” a questa storia d’amore è essere strumenti per costruire, nei nostri quartieri, comunità ecclesiali capaci di percorrere le strade della città, di abbracciare e tessere nuove relazioni. Essere un “influencer” nel secolo XXI significa essere custodi delle radici, custodi di tutto ciò che impedisce alla nostra vita di diventare “gassosa” ed evaporare nel nulla. Siate custodi di tutto ciò che ci permette di sentirci parte gli uni degli altri, di appartenerci reciprocamente», ha concluso: «Non abbiate paura di dirgli che anche voi desiderate partecipare alla sua storia d’amore nel mondo, che siete fatti per un “di più”!».
Sul palco, dietro le spalle del Papa, c’è una grande immagine che raffigura Gesù a braccia spalancate, l’immagine di un uomo giovane.
«La vita che Gesù ci dona non è una salvezza appesa “nel cloud” in attesa di venire scaricata, né una nuova “applicazione” da scoprire o un esercizio mentale frutto di tecniche di crescita personale. Neppure un tutorial con cui apprendere l’ultima novità. La salvezza che il Signore ci dona è un invito a partecipare a una storia d’amore che si intreccia con le nostre storie», spiega Francesco. Si tratta di rispondere «sì», dice il Papa, «il “sì” di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto», come fece Maria: «Senza alcun dubbio la giovane di Nazareth non compariva nelle “reti sociali” dell’epoca, non era una influencer, però senza volerlo né cercarlo è diventata la donna che ha avuto la maggiore influenza nella storia».

 

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