Chiesa della Ss. Trinità in Montebello

 

Montebello

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Arriva anche il mio turno: sono la chiesa della Santissima Trinità, anche se nella visita pastorale del Vescovo Pietro Luigi Speranza del 1861 si trova “Santissimo nome di Maria” e l’ingegner Fomoni mi indica come “Madonna del monte”. Ora, sono conosciuta come San Lorenzo, nella cui data (10 agosto) si fa festa nella frazione di Montebello. Infatti, sono posta al centro di questa contrada, sul dosso della collina, con una facciata semplice e lineare, con tetto a capanna a falde sporgenti. Sopra la porta non passa certo inosservata la lapide a forma di cartiglio, sovrastata dalle chiavi e dalla tiara pontificia, con la scritta:

ROMA LATERANUM HOC LECTOR VENERARE SACELLUM: NON AMPLIUS ILLUD HABET QUAM TRIBUATUR HUIC.
ANNO MDCCXVI DIE XII FEBRUARII
Roma il Laterano, tu, lettore, questo sacello venera: quello non ha più di quanto sia attribuito a questo.
Anno 1716, giorno 12 febbraio.

Questa scritta ricorda l’aggregazione della confraternita della Santissima Trinità, eretta in questa chiesa il 5 aprile 1712, a quella esistente presso la basilica di San Giovanni in Laterano di Roma, per ottenere le indulgenze ad essa concesse.
La prima notizia che mi riguarda è fornita però da un’imbreviatura notarile del 3 aprile 1564, nella quale viene registrato il verbale di un “sindacato”, cioè di un’assemblea degli uomini della contrada, con valore paragonabile a quello di un consiglio del comune, redatto “in contrata de Mombello Comunis Palazagi districtus Bergomi in via publica ante sacellum sicut tribulina ipsius contrate” (nella contrada di Montebello, comune di Palazzago, distretto di Bergamo, nella strada pubblica davanti al sacello ovvero alla tribulina della stessa contrada).
Poi sono altre date che lungo gli anni mi hanno portato ad essere come mi vedi oggi. Ne ricordo solo alcune:

    • 1613 durante la visita pastorale gli abitanti della contrada chiedono al vescovo Giovanni Emo di costruire una chiesa più grande.
    • 1630 vengo adibita a ricovero per gli appestati. Pensa che ai malati il cibo era dato attraverso una finestrella del campanile. Alla fine della peste venne tutto distrutto per evitare il contagio.
    • 1651 si procede ad un rifacimento, previa licenza della Curia.
    • 1702 arrivo alla forma attuale con campanile, coro e sagrestia, completamente nuovi.
    • 1861 vengono messe sul campanile le tre campane che diffondono la mia voce per tutta la vallata
    • 1990-91 comincia la sistemazione degli intonaci esterni e parte degli interni.

Insomma, una storia lunga e movimentata, come del resto quella delle mie sorelle chiese: seguiamo in tutto le vicende di coloro che ci pensano e ci vogliono bene, sapendo che qui si ascolta la Parola, si celebra l’Eucarestia, si vive la Carità.
Il mio interno, semplice e delicato allo stesso tempo, presenta una piccola navata divisa da lesene in tre campate, coperta da volta a botte, innestata su un cornicione. In centro un ovale affrescato propone il battesimo di Gesù al Giordano, con Giovanni Battista tutto proteso verso l’Agnello. Anche nella pala d’altare (ignoto del ‘600) compare il patrono di Palazzago, accanto a Maria Maddalena, S. Rocco e S. Francesco, mentre al centro campeggia la Trinità (ti ricordi che sono dedicata a questo mistero, vero?): il Padre tiene tra le mani la croce con Gesù crocefisso, mentre la colomba dello Spirito plana sulla scena.
Il presbiterio, a pianta quadrata, è coperto da una tazza circolare con quattro pennacchi affrescati con i quattro evangelisti; sul libro di Giovanni si intravede anche una data: 1754. Al centro ancora la Santissima Trinità. Sopra il coro ligneo, semi circolare, accanto alla pala, si aprono due nicchie con la statua dell’Immacolata e quella di San Lorenzo che viene portata in processione ad agosto. La mensa è una semplice tavola in legno, posta davanti all’altare maggiore, in pietra dipinta ad olio. A sinistra si trova la piccola sagrestia, posta in una rientranza, un tempo divisa da un muro: ha una copertura a botte, un lavello in arenaria di buona fattura e, sul soffitto un riquadro con una colomba.
Ecco qui: questa la mia storia, l’arte che ci ritrovi, i vissuti che continuano a segnare coloro che qui si raccolgono in preghiera.

 

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