letterina 20131130

Seguiamo la stella

“Seguiamo la stella”: è questo il “titolo” dell’’itinerario d’Avvento 2013.

Ma quale stella? Iniziamo questo tempo forte con un articolo di Gigi Barcella che guarda e riflette a partire da uno spot.
<< Ecco alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “ Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?  Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo>>.

Così scriveva Matteo e, più o meno dal 500 dopo Cristo fino a qualche giorno fa, abbiamo creduto al <<suo>> astro nel ciel come segno dell’arrivo in terra del Bambin Gesù.

Ora però è in onda il tradizionale spot natalizio di Coca Cola con il racconto di un’altra verità sulla cometa di Natale.

Siamo in alta montagna , tra la neve. Da una cassa strana tipo osservatorio astronomico esce Babbo Natale e, pesante nel passo s’avvicina ad una sgangherata struttura in legno : un lungo binario puntato verso l’alto, sopra il quale scorre velocissima una catapulta che, azionata dal Babbo barbuto, spara nel cielo una stella con tanto di coda . E come tutte le stelle che viaggiano sopra di noi, non passa di certo inosservata. Una signorina piangente la vede e corre in strada, raggiunge il fidanzato e lo bacia con trasporto. Pace fatta.
Tocca adesso a una bambina subire l’influsso benevolo della cometa-coca: si accorge di una piantina spezzata e decide di salvarla, raddrizzandola e legandola ad un sostegno con il suo nastro per i capelli, prima che si spezzi del tutto e muoia. Un uomo, con tanto di bottiglietta di Coca appoggiata sul cofano dell’auto vede la stella-coca e decide di punto in bianco di affidare il volante al figliolo, esterrefatto dell’improvvisa fiducia dimostratagli dal suo papà. La jeep con i due a bordo si allontana in una lunga strada innevata che corre diritta tra gli alti pini coperti di neve. Chiusura con Coca Cola color rosso natalizio e una nuovissima frase: <<Anch’io credo in voi!>>, firmato Babbo Natale.

E’ un invito a rinnovare la tradizione e a dimenticarci dell’antica stella cometa per <<credere>> alla nuova by Coca Cola. Quella vecchia annunciava il Salvatore, questa moderna piccoli gesti banali. Evidentemente non sono più tempi, i nostri, per grandi avvenimenti: siamo piccoli, fuori e dentro .
Resta il problema: chi lo dice a Matteo?

 

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7 Chiese

Venite Adoremus

8 Dicembre

Ritiri dell'Avvento

Incontri Vicariali per Giovani

Capodanno

 

Concorso Presepi 2013

 

letterina 20131123

La fede e la famiglia

Nel cammino di Abramo verso la città futura, la Lettera agli Ebrei accenna alla benedizione che si trasmette dai genitori ai figli (cf. Eb 11,20-21). Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cf. Gen 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei proprio progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata. La fede poi aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l’amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona. E’ così che Sara, per la sua fede, è diventata madre, contando sulla fedeltà di Dio alla sua promessa (cf. Eb 11,11).In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita, a cominciare dall’infanzia: i bambini imparano a fidarsi dell’amore dei loro genitori. Per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraverso un’età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede. Tutti abbiamo visto come, nelle Giornate mondiali della gioventù, i giovani mostrino la gioia della fede, l’impegno di vivere una fede sempre più salda e generosa.
I giovani hanno il desiderio di una vita grande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi a esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità. 

Enciclica Lumen fidei 52-53

 

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letterina 20131116

La preghiera secondo Francesco

È come un centro, attorno al quale le parole del Papa continuano a gravitare.
Questo centro è la parola "preghiera". Ovvio, si dirà, la preghiera è fondante per un cristiano. Ma è come se in tanti invece vivessimo, quanto a questo, dentro a una nuvola di oblio. Chi è cristiano fin da bambino rischia di dimenticarsi lo stupore di un pregare che con l’abitudine si è come ingrigito. Chi è tornato indietro da altri mondi, atei, materialisti o semplicemente distratti, può non trovare affatto così semplice l’affidarsi a un invisibile Altro, in cui pure spera.
Insomma, è un bel salto, per quanti vivono nel tacito positivismo che ammette solo ciò che si può misurare, concepire di dare del "tu" all’Infinito. O, ancora, per alcuni pregare significa semplicemente domandare per sé, e quasi spiegare a Dio come deve avverare i propri personali progetti; inclinando però rapidamente verso la sfiducia e l’amarezza, se non si viene accontentati. Come ben conoscendo questa nuvola di smemoratezza e di fatica, il Papa torna sulla questione della preghiera con insistenza.
«L’evangelizzazione si fa in ginocchio», ha detto quest’estate...e ripete, Francesco, come pregare non sia questione di parole, ma un atteggiamento del cuore. Un rivolgersi a questo Tu che sfugge ai nostri sensi, con la piena certezza con cui parleremmo a un padre carnale; avendo l’audacia di fare il grande passo oltre ciò che è fisicamente percepibile, matematicamente dimostrabile, eppure da sempre "è", e ci conosce e ci aspetta. Ma anche chi ha il coraggio di un tale abbandono può, nel dolore e nella fatica quotidiana, perdersi, e arrivare a pensare che troppo intricati sono certi nodi, perché perfino Dio li possa sciogliere; e continuare quindi a pregare in una forma vuota, coltivando in sé una beneducata disperazione. «La preghiera, è aprire la porta al Signore, perché venga.» Pregare è questo: aprire le porta al Signore, perché possa fare qualcosa.
Ma se noi chiudiamo la porta, Lui non può fare nulla». Pregare, è come schiudere una porta rimasta a lungo sbarrata, premere sul battente per forzare i cardini arrugginiti e cigolanti. Lasciare entrare l’Altro nello spazio angusto, nell’aria viziata di un Io orgoglioso e barricato in sé. Semplicemente, schiudere quella porta tanto gelosamente presidiata dalla cultura della autosufficienza e dell’autodeterminazione, del nostro tempo il vero idolo. Ma, cosa accadrà una volta che con coraggio e insieme paura si osi lasciare uno spiraglio a Dio? «Succede come se Dio prendesse carne in noi».
Straordinaria eppure mite promessa: Dio prende carne in noi, in noi si fa tetto per i profughi, compagnia per i soli, speranza per i disperati. 

Marina Corradi 

 

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Vicariato: Catechisti

 

 

 

 

 

 

 

letterina 20131109

Il primo amore

Dopo aver letto il proemio dell’Apocalisse, cominciamo ad ascoltare le lettere alle sette Chiese. E partiamo con Efeso. Già nelle celebrazioni festive abbiamo l’occasione di lasciarci raggiungere dal messaggio di questo scritto che poi, in settimana,  verrà  approfondito  con  la  catechesi  nei  due  appuntamenti  del GIOVEDI’: ore 15.30 nella chiesa di Brocchione e ore 20.30 in chiesa parrocchiale. Ci guida don Maurizio Rota. Vorrei che ci sentissimo tutti coinvolti nel  cammino  di  questo  anno  pastorale,  con  un’attenzione  tutta  particolare  alla catechesi  degli  adulti.  Dare  l’esempio  significa  anche  uscire  una  sera  al  mese per conoscere e gustare la Parola, attingendo forza al...primo Amore.


Qui sotto è riportato un passaggio delle riflessioni che l’allora Cardinal Bergoglio fece proprio a partire dalle lettere dell’Apocalisse.


...Con  gli  anni,  il  carattere  delle  persone,  così  come  il vino, o migliora o s’inacidisce. Non è per caso che una persona diventa un anziano gioioso, rispettato dai figli e capace di dare consigli, un nonno che i nipotini  vanno  a  trovare  con  allegria,  per  ascoltare  storie.  Così  come  non  avviene per caso che un vecchio sia burbero, malizioso, fastidioso, scontroso o un vecchio senile, o un vecchio immaturo, e la preparazione di quello che saremo nella terza età comincia fin da subito, pregando per la nostra carità.
Nell’Apocalisse  c’è un brano che narra di quando il fervore iniziale abbandona la comunità che potrebbe esserci utile. La Chiesa di Efeso ha molti meriti: si è sempre comportata bene, ha sopportato la fatica, è stata paziente nella sofferenza, non sopporta i malvagi e ha sventato l’inganno dei falsi apostoli. Però il Signore va più a  fondo e con un rimprovero assesta un colpo unico e definitivo alla  Chiesa:  <<Ho  però  da  rimproverarti  di  avere  abbandonato  il  tuo  primo amore>> (Ap 2.4).
Cosa  significa  <<recuperare  la  carità  perduta>>?  Cosa  significa  tornare  al <<primo amore>>? Non è un po’ ingenuo? Il primo amore deve essere riconquistato, ma non a colpi di <<impeti>> eroici, come nella giovinezza, ma con l’unico colpo che fa cedere un cuore maturo.

 

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Lettera alla Chiesa di Efeso

Vicariato: Catechisti

Domenica Animazione

 

 

 

 

 

 

letterina 20131102

Nuovissimi o Novissimi?

“Nuovissimi” è un aggettivo che si usa quando un prodotto viene lanciato sul mercato e sorprendentemente costituisce una qualità dell’oggetto stesso. Come se il solo fatto di essere ultima generazione fosse già una garanzia. La novità è un valore in sé. “Novissimi” invece non è un aggettivo, ma sostantivo. E riguarda le cose ultime, cioè quelle che stanno alla fine della vita: la Morte, il Giudizio, l’Inferno e il Paradiso. Tanti anni fa, nelle nostre chiese o durante le Quarantore, magari per le missioni popolari, i predicatori dai pulpiti tuonavano: la vita veniva raccontata come un grande duello tra vizi e virtù.
Le pecore da una parte e i caproni dall’altra e la fede era sperare di trovarsi dalla parte giusta al momento giusto.  Noi proviamo a pensare e a pregare sulle cose ultime, i Novissimi, perché abbiamo urgenza di far respirare le domande, di trovare per l’oggi un senso che vada oltre la rincorsa all’ultima novità, perché se la Novità vera ci ha raggiunti ad un certo punto della nostra vita, cioè la vita nuova in Cristo, avvertiamo nel profondo del cuore e della nostra coscienza che qualcosa in noi ha sapore di eternità. E anche chi non crede o crede a fatica, sicuramente nutre la segreta speranza di ritrovare un giorno le persone che ha amato. Qualcosa dentro noi non si piega all’idea di averle perse in eterno. Tutti amiamo. Almeno una volta nella vita. Ed è l’amore in sé che ci obbliga a credere che l’amore non perde nulla di ciò che ha amato. Gesù dice che questa è la volontà del Padre suo e nostro: non perdere nessuno di coloro che Egli ama. Tutto il mistero della nostra fede ruota intorno a questa promessa che nella Pasqua e divenuta certezza. Non vuole perdere nessuno di noi, perché l’Amore accetta di perdere la vita, ma non te. La ricorrenza liturgica dei defunti, che sono i morti, va insieme a quella dei santi per ricordarci proprio questo: che la morte non cancella la memoria. Perché l’Amore non dimentica. E l’Amore, quando ricorda, fa vivere. Nella Messa questo accade. Allora sapere e credere che ci sarà il Giudizio diventa per l’oggi fonte di speranza. Perché ci sarà davvero un momento nel quale saremo definitivamente aiutati a tenere ciò che vale e a liberarci delle cose inutili. Inutile e pesante è tutto ciò che su questa terra non è toccato dall’amore e giace nelle nostre giornate o nelle nostre case, tra le nostre cose o tra i ricordi come peso morto: magari è d’oro, ma è zavorra e fonte di divisione. Questo si chiama Inferno, ovvero tutto quello che si sottrae all’amore. L’amore solamente porta in salvo. Altrimenti va perduto. Per questo la Scrittura si chiude con un libro, l’Apocalisse, che è l’ultima rivelazione: al centro della città santa, la Gerusalemme celeste, sta ritto l’Agnello che come un condottiero guida le schiere dei redenti nella terra (Ap 14). L’agnello è il Cristo che è passato per la grande tribolazione: entrato nella sua passione dal giardino del Getzemani è uscito vivo e stigmatizzato dal giardino della resurrezione...Nel libro dei redenti c’è anche il tuo nome. Un posto preparato da sempre, conquistato per sempre. E vivere con questa prospettiva ci fa respirare: abbiamo la vita eterna! 

Suor Katia Roncalli

 

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Vicariato: Catechisti

 

 

 

 

 

 

 

letterina 20131026

Gioventù bevuta

“Ci sono figli che danno soddisfazioni e lavorano, altri invece che si sbronzano, si drogano e sono violenti. Ci sono figli affettuosi e solari e figli che non sanno che farsene del tuo amore. L’elenco sarebbe lungo. Un figlio, tuttavia, è ciò che di più grande e importante al mondo Dio ti possa dare e qualunque cosa te lo porti via è terribile. E’ ciò che di peggio ti possa capitare nella vita. Quando a portarti via un figlio è una malattia, anche un tragico incidente sul lavoro o sulla strada, accettare la disgrazia è difficilissimo. Ma accettare che un figlio ti sia strappato da un suo coetaneo ubriaco alla guida di un’auto è insopportabile.
Perché non pensare che sballare con l’alcool o drogarsi significa mettere a rischio la propria e altrui vita? Mio figlio Stefano era un ragazzo valido, una di quelle persone che non ti dicono mai la cosa sbagliata, non perdono mai la pazienza e sono amati da tutti. Mi guardava con quegli occhi buoni, con quel fondo di malinconia, quasi fosse un presagio di ciò che gli sarebbe successo. Sapere che chi ha creato questo danno, questo strazio costante che ci accompagna e ci accompagnerà per sempre, pare non avverta nemmeno il senso di colpa di fronte a una vita spezzata, fa male e aggrava il dolore di una famiglia. Quanta indifferenza, quanto egoismo in chi ha spezzato la vita di un giovane. Nessuno vuole “la testa” di un ragazzo, anche se colpevole, ma un sincero pentimento, una richiesta di perdono sì. E la legge che cosa fa? Sì, ci dovrebbe almeno in parte tutelare, anche se nessuno ci restituirà più nostro figlio e io prometto che, proprio per lui e per la sua memoria, non lascerò nulla di intentato. Diventerà lo scopo della mia vita far conoscere i rischi di chi si mette al volante ubriaco. Stefano non c’è più e io voglio gridare il mio no all’alcool, alle droghe perché non ci siano altre vittime. Tu che vivi con queste persone che si bevono il cervello, dimmi qualcosa. Grazie.”

Ciao Alessandra

 

E’ una lettera scritta da una mamma a don Chino (che con don Mario incontrerà ancora i genitori martedì prossimo, mentre i figli ascolteranno Claudio e Cinzia e alcune testimonianze di giovani) riportata in uno dei suoi libri: Come canne al vento).

 

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“Il mio aiuto per fare casa…”


 

Incontri Genitori Ado e 3a media

Concerto 1 Novembre

Vicariato: Catechisti