C’è un rimedio al disordine scontento? (Parte Prima)

C’è un rimedio al disordine scontento? (Parte Prima)

Lasciamo spazio alla prima parte dell’omelia che l’Arcivescovo Metropolita di Milano mons. Mario Delpini ha pronunciato lunedì scorso a Burligo, per la festa di S. Carlo.

C’è un certo disordine nella comunità cristiana alla quale Paolo scrive la sua lettera. Non sappiamo molto, ma possiamo indovinare considerando le raccomandazioni di Paolo, fatte con puntiglio e con insistenza. Tre motivi di disordine.

La mormorazione degli incompetenti.
Paolo infatti raccomanda: chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione (Rm 12,7-8). Dunque si può immaginare che ci fossero quelli che erano maestri, ma invece di dedicarsi all’insegnamento pensavano ad altro, per esempio mormoravano contro coloro che avevano un ministero; e viceversa. Forse è un difetto delle comunità antiche, ma certo che complica la vita l’abitudine che tutti si sentano autorizzati a criticare tutti. Invece di fare al meglio quello che corrisponde al posto occupato in comunità, tutti pretendono di insegnare agli altri quello che dovrebbero fare e che cosa dovrebbero fare i genitori e i preti e il vescovo e il Papa e gli insegnanti e i politici.

Ciascuno per la sua strada.
Parolo raccomanda: anche noi, pur essendo molti siamo un corpo solo … siamo membra gli uni degli altri (Rm12,5). Dunque si può immaginare che c’è un disordine in comunità perché ciascuno va per la sua strada, organizza il suo calendario, ritiene che la propria iniziativa sia la più importante. Ciascuno per la sua strada: che cura lo sport non si interessa dei programmi del catechismo, chi cura la liturgia non si interessa del programma della cantoria, quelli della pro-loco non sanno niente delle iniziative della caritas. Così capita che in una sola domenica si fanno concorrenza iniziative di diversi gruppi.

La carità ipocrita
Paolo richiama: la carità non sia ipocrita (Rm 12,9). Dunque si può immaginare che in comunità ci sia uno spirito di contesa e di gelosia, che ci siano opere buone che sono fatte con uno spirito cattivo. Che si cerchi nell’opera di carità un pretesto per farsi notare, per cercare consenso, per far ottenere vantaggi per sé.

    Leggi qui la Lette...Rina